lunedì 28 giugno 2010
L'ITALIA SCALA LE CLASSIFICHE EUROPEE (PER L'AUMENTO DELLE TASSE) PRODI E' STATO CRIMINALIZZATO PER LE TASSE DALLA DESTRA .......
AUMENTATE LE TASSE RISPETTO AL GOVERNO PRODI, MA GLI ITALIANI CHE S'INFORMANO CON LE TELEViSIONI LO SANNO?
PER UNA POLTRONA SI ASSISTE IN SILENZIO ALLA DISINTEGRAZIONE DELL'ITALIA
giovedì 24 giugno 2010
LA CONFINDUSTRIA: E' FINITA LA RECESSIONE
mercoledì 23 giugno 2010
lunedì 21 giugno 2010
domenica 20 giugno 2010
FASSINO VOTA SI SU POMIGLIANO E LA LEGA RINGRAZIA PER GLI ALTRI VOTI CHE IL PD GLI STA REGALANDO
sabato 19 giugno 2010
METRICA GIAPPONESE PER POMIGLIANO
METRICA GIAPPONESE PER GLI OPERAI DI POMIGLIANO ((POI PER TUTTO IL PAESE) IL ROBOT NON SCIOPERA, NON MANGIA, NON PENSA E NON SI AMMALA
È POSSIBILE che la Fiat non abbia davvero alcuna alternativa. O riesce ad avvicinare il costo di produzione dello stabilimento di Pomigliano a quello degli stabilimenti siti in Polonia, Serbia o Turchia, o non riuscirà più a vendere né in Italia né altrove le auto costruite in Campania. L' industria mondiale dell' auto è afflitta da un eccesso pauroso di capacità produttiva, ormai stimato intorno al 40 per cento. Di conseguenza i produttori si affrontano con furibonde battaglie sul fronte
del prezzo delle vetture al cliente. A FARNE le spese, prima ancora dei loro bilanci, sono i fornitori (che producono oltre due terzi del valore di un' auto), le comunità locali che vedono di colpo sparire uno stabilimento su cui vivevano, e i lavoratori che provvedono all' assemblaggio finale. I costruttori che non arrivano a spremere fino all' ultimo euro da tutti questi soggetti sono fuori
mercato. Va anche ammesso che davanti alla prospettiva di restare senza lavoro in una città e una regione in cui la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ha già raggiunto livelli drammatici, la maggioranza dei lavoratori di Pomigliano - ben 15.000 se si conta l' indotto - è probabilmente orientata ad accettare le proposte Fiat in tema di organizzazione della produzione e del lavoro. La disperazione, o il suo approssimarsi, è di solito una cattiva consigliera; ma se tutto quello che l'
azienda o il governo offrono è la scelta tra lavorare peggio, oppure non lavorare per niente, è quasi inevitabile che uno le dia retta. Una volta riconosciuto che forse l' azienda non ha alternative, e non ce l' hanno nemmeno i lavoratori di Pomigliano, occorre pure trovare il modo e la forza di dire anzitutto che le condizioni di lavoro che Fiat propone loro sono durissime. E, in secondo
luogo, che esse sono figlie di una globalizzazione ormai senza veli, alle quali molte altre aziende italiane non mancheranno di rifarsi per imporle pure loro ai dipendenti. Allo scopo di utilizzare gli impianti per 24 ore al giorno e 6 giorni alla settimana, sabato compreso, nello stabilimento di Pomigliano rinnovato per produrre la Panda in luogo delle attuali Alfa Romeo, tutti gli addetti alla
produzione e collegati (quadri e impiegati, oltre agli operai), dovranno lavorare a rotazione su tre turni giornalieri di otto ore. L' ultima mezz' ora sarà dedicata alla refezione (che vuol dire, salvo errore, non toccare cibo per almeno otto ore). Tutti avranno una settimana lavorativa di 6 giorni e una di 4. L' azienda potrà richiedere 80 ore di lavoro straordinario a testa (che fanno due settimane
di lavoro in più all' anno) senza preventivo accordo sindacale, con un preavviso limitato a due o tre giorni. Le pause durante l' orario saranno ridotte di un quarto, da 40 minuti a 30. Le eventuali perdite di produzionea seguito di interruzione delle forniture (caso abbastanza frequente nell' autoindustria, i cui componenti provengono in media da 800 aziende distanti magari centinaia di
chilometri) potranno essere recuperate collettivamente sia nella mezz' oraa fine turno - giusto quella della refezione - o nei giorni di riposo individuale, in deroga dal contratto nazionale dei metalmeccanici. Sarebbe interessante vedere quante settimane resisterebbero a un simile modo di lavorare coloro che scuotono con cipiglio l' indice nei confronti dei lavoratori e dei sindacati esortandoli a comportarsi responsabilmente, ossia ad accettare senza far storie le proposte Fiat.
Non è tutto. Ben 19 pagine sulle 36 del documento Fiat consegnato ai sindacati fine maggio sono dedicate alla "metrica del lavoro." Si tratta dei metodi per determinare preventivamente i movimenti che un operaio deve compiere per effettuare una certa operazione, e dei tempi in cui deve eseguirli; misurati, si noti, al centesimo di secondo. Per certi aspetti si tratta di roba vecchia: i cronotecnici e l' analisi dei tempi e dei metodi erano presenti al Lingotto fin dagli anni 20. Di nuovo
c' è l' uso del computer per calcolare, verificare, controllare movimenti e tempi, ma soprattutto l' adozione a tappeto dei criteri organizzativi denominati World Class Manufacturing (Wcm, che sta per "produzione di qualità o livello mondiale"). Sono criteri che provengono dal Giappone, e sono indirizzati a due scopi principali: permettere di produrre sulla stessa linea singole vetture anche molto diverse tra loro per motorizzazione, accessori e simili, in luogo di tante auto tutte uguali, e
sopprimere gli sprechi. In questo caso si tratta di fare in modo che nessuna risorsa possa venire consumata e pagata senza produrre valore. La risorsa più preziosa è il lavoro. Un' azienda deve quindi puntare ad una organizzazione del lavoro in cui, da un lato, nemmeno un secondo del tempo retribuito di un operaio possa trascorrere senza che produca qualcosa di utile; dall' altro, il contenuto lavorativo utile di ogni secondo deve essere il più elevato possibile. L' ideale nel fondo
della Wcm è il robot, che non si stanca, non rallenta mai il ritmo, non si distrae neanche per un attimo. Con la metrica del lavoro si addestrano le persone affinché operino il più possibile come robot. È qui che cadono i veli della globalizzazione. Essa è consistita fin dagli inizi in una politica del lavoro su scala mondiale. Dagli anni 80 del Novecento in poi le imprese americane ed europee hanno perseguito due scopi. Il primo è stato andare a produrre nei paesi dove il costo del lavoro
era più basso, la manodopera docile, i sindacati inesistenti, i diritti del lavoro di là da venire. Ornando e mascherando il tutto con gli spessi veli dell' ideologia neo-liberale. Al di sotto dei quali urge da sempre il secondo scopo: spingere verso il basso salari e condizioni di lavoro nei nostri paesi affinchÈ si allineino a quelli dei paesi emergenti. Nome in codice: competitività. La crisi
economica esplosa nel 2007 ha fatto cadere i veli della globalizzazione. Politici, industriali, analisti non hanno più remore nel dire che il problema non è quello di far salire i salari e le condizioni di lavoro nei paesi emergenti: sono i nostri che debbono, s' intende per senso di responsabilità, Discendere al loro livello. È nella globalizzazione ormai senza veli che va inquadrato il caso Fiat.
Se in Polonia, o in qualunque altro paese in sviluppo, un operaio produce tot vetture l' anno, per forza debbono produrne altrettante Pomigliano, o Mirafiori, o Melfi. È esattamente lo stesso ragionamento che in modo del tutto esplicito fanno ormai Renault e Volkswagen, Toyota e General Motors. Se in altri paesi i lavoratori accettano condizioni di lavoro durissime perché è sempre meglio che essere disoccupati, dicono in coro i costruttori, non si vede perché ciò non debba
avvenire anche nel proprio paese. Non ci sono alternative. Per il momento purtroppo è vero. Tuttavia la mancanza di alternative non è caduta dal cielo. È stata costruita dalla politica, dalle leggi, dalle grandi società, dal sistema finanziario, in parte con strumenti scientifici, in parte per ottusità o avidità. Toccherebbe alla politica e alle leggi provare a ridisegnare un mondo in cui delle
alternative esistono, per le persone non meno per le imprese. - LUCIANO GALLINO
È POSSIBILE che la Fiat non abbia davvero alcuna alternativa. O riesce ad avvicinare il costo di produzione dello stabilimento di Pomigliano a quello degli stabilimenti siti in Polonia, Serbia o Turchia, o non riuscirà più a vendere né in Italia né altrove le auto costruite in Campania. L' industria mondiale dell' auto è afflitta da un eccesso pauroso di capacità produttiva, ormai stimato intorno al 40 per cento. Di conseguenza i produttori si affrontano con furibonde battaglie sul fronte
del prezzo delle vetture al cliente. A FARNE le spese, prima ancora dei loro bilanci, sono i fornitori (che producono oltre due terzi del valore di un' auto), le comunità locali che vedono di colpo sparire uno stabilimento su cui vivevano, e i lavoratori che provvedono all' assemblaggio finale. I costruttori che non arrivano a spremere fino all' ultimo euro da tutti questi soggetti sono fuori
mercato. Va anche ammesso che davanti alla prospettiva di restare senza lavoro in una città e una regione in cui la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ha già raggiunto livelli drammatici, la maggioranza dei lavoratori di Pomigliano - ben 15.000 se si conta l' indotto - è probabilmente orientata ad accettare le proposte Fiat in tema di organizzazione della produzione e del lavoro. La disperazione, o il suo approssimarsi, è di solito una cattiva consigliera; ma se tutto quello che l'
azienda o il governo offrono è la scelta tra lavorare peggio, oppure non lavorare per niente, è quasi inevitabile che uno le dia retta. Una volta riconosciuto che forse l' azienda non ha alternative, e non ce l' hanno nemmeno i lavoratori di Pomigliano, occorre pure trovare il modo e la forza di dire anzitutto che le condizioni di lavoro che Fiat propone loro sono durissime. E, in secondo
luogo, che esse sono figlie di una globalizzazione ormai senza veli, alle quali molte altre aziende italiane non mancheranno di rifarsi per imporle pure loro ai dipendenti. Allo scopo di utilizzare gli impianti per 24 ore al giorno e 6 giorni alla settimana, sabato compreso, nello stabilimento di Pomigliano rinnovato per produrre la Panda in luogo delle attuali Alfa Romeo, tutti gli addetti alla
produzione e collegati (quadri e impiegati, oltre agli operai), dovranno lavorare a rotazione su tre turni giornalieri di otto ore. L' ultima mezz' ora sarà dedicata alla refezione (che vuol dire, salvo errore, non toccare cibo per almeno otto ore). Tutti avranno una settimana lavorativa di 6 giorni e una di 4. L' azienda potrà richiedere 80 ore di lavoro straordinario a testa (che fanno due settimane
di lavoro in più all' anno) senza preventivo accordo sindacale, con un preavviso limitato a due o tre giorni. Le pause durante l' orario saranno ridotte di un quarto, da 40 minuti a 30. Le eventuali perdite di produzionea seguito di interruzione delle forniture (caso abbastanza frequente nell' autoindustria, i cui componenti provengono in media da 800 aziende distanti magari centinaia di
chilometri) potranno essere recuperate collettivamente sia nella mezz' oraa fine turno - giusto quella della refezione - o nei giorni di riposo individuale, in deroga dal contratto nazionale dei metalmeccanici. Sarebbe interessante vedere quante settimane resisterebbero a un simile modo di lavorare coloro che scuotono con cipiglio l' indice nei confronti dei lavoratori e dei sindacati esortandoli a comportarsi responsabilmente, ossia ad accettare senza far storie le proposte Fiat.
Non è tutto. Ben 19 pagine sulle 36 del documento Fiat consegnato ai sindacati fine maggio sono dedicate alla "metrica del lavoro." Si tratta dei metodi per determinare preventivamente i movimenti che un operaio deve compiere per effettuare una certa operazione, e dei tempi in cui deve eseguirli; misurati, si noti, al centesimo di secondo. Per certi aspetti si tratta di roba vecchia: i cronotecnici e l' analisi dei tempi e dei metodi erano presenti al Lingotto fin dagli anni 20. Di nuovo
c' è l' uso del computer per calcolare, verificare, controllare movimenti e tempi, ma soprattutto l' adozione a tappeto dei criteri organizzativi denominati World Class Manufacturing (Wcm, che sta per "produzione di qualità o livello mondiale"). Sono criteri che provengono dal Giappone, e sono indirizzati a due scopi principali: permettere di produrre sulla stessa linea singole vetture anche molto diverse tra loro per motorizzazione, accessori e simili, in luogo di tante auto tutte uguali, e
sopprimere gli sprechi. In questo caso si tratta di fare in modo che nessuna risorsa possa venire consumata e pagata senza produrre valore. La risorsa più preziosa è il lavoro. Un' azienda deve quindi puntare ad una organizzazione del lavoro in cui, da un lato, nemmeno un secondo del tempo retribuito di un operaio possa trascorrere senza che produca qualcosa di utile; dall' altro, il contenuto lavorativo utile di ogni secondo deve essere il più elevato possibile. L' ideale nel fondo
della Wcm è il robot, che non si stanca, non rallenta mai il ritmo, non si distrae neanche per un attimo. Con la metrica del lavoro si addestrano le persone affinché operino il più possibile come robot. È qui che cadono i veli della globalizzazione. Essa è consistita fin dagli inizi in una politica del lavoro su scala mondiale. Dagli anni 80 del Novecento in poi le imprese americane ed europee hanno perseguito due scopi. Il primo è stato andare a produrre nei paesi dove il costo del lavoro
era più basso, la manodopera docile, i sindacati inesistenti, i diritti del lavoro di là da venire. Ornando e mascherando il tutto con gli spessi veli dell' ideologia neo-liberale. Al di sotto dei quali urge da sempre il secondo scopo: spingere verso il basso salari e condizioni di lavoro nei nostri paesi affinchÈ si allineino a quelli dei paesi emergenti. Nome in codice: competitività. La crisi
economica esplosa nel 2007 ha fatto cadere i veli della globalizzazione. Politici, industriali, analisti non hanno più remore nel dire che il problema non è quello di far salire i salari e le condizioni di lavoro nei paesi emergenti: sono i nostri che debbono, s' intende per senso di responsabilità, Discendere al loro livello. È nella globalizzazione ormai senza veli che va inquadrato il caso Fiat.
Se in Polonia, o in qualunque altro paese in sviluppo, un operaio produce tot vetture l' anno, per forza debbono produrne altrettante Pomigliano, o Mirafiori, o Melfi. È esattamente lo stesso ragionamento che in modo del tutto esplicito fanno ormai Renault e Volkswagen, Toyota e General Motors. Se in altri paesi i lavoratori accettano condizioni di lavoro durissime perché è sempre meglio che essere disoccupati, dicono in coro i costruttori, non si vede perché ciò non debba
avvenire anche nel proprio paese. Non ci sono alternative. Per il momento purtroppo è vero. Tuttavia la mancanza di alternative non è caduta dal cielo. È stata costruita dalla politica, dalle leggi, dalle grandi società, dal sistema finanziario, in parte con strumenti scientifici, in parte per ottusità o avidità. Toccherebbe alla politica e alle leggi provare a ridisegnare un mondo in cui delle
alternative esistono, per le persone non meno per le imprese. - LUCIANO GALLINO
A POMIGLIANO LA DIGNITA' NON SI TOCCA
RITORNO ALL'OTTANTA
IO C’ERO DAVANTI AI CANCELLI DI MIRAFIORI
NEI 40 GIORNI CRUCIALI
IN CUI LA CLASSE OPERAIA FU SCONFITTA
DA QUEL GIORNO L’ITALIA E’ PEGGIORE
FINIRONO SOGNI E UTUPIE
MA FORSE SOLO I LAVORATORI
SPERAVANO IN UN PAESE MIGLIORE
L’ITALIA E’ FINITA IN PALUDE
PIEGATA, DELUSA, UMILIATA
DERISA NEL MONDO.
DIVISA DAGLI EGOISTI
CHE METTONO A PANE E ACQUA I BAMBINI
SONO TEMPI DI TETTE, DI CULI
E DI PRECARIATO
D’IMMAGINE CHE RIFLETTE IL VUOTO NEL CUORE.
INDUSTRIALI DIVENTATI SANTONI
ED ELETTORI CHE DIVENTANO ADEPTI
DI UN SALVIFICO UOMO DEL FARE
CHE LASCIA SOLO MACERIE
A AQUILA E NEL RESTO D'ITALIA.
ITALIANO CHE HA PERSO VOLONTA’ D’INDIGNARSI
PER LE SCONCEZZE CHE OGNI GIORNO GLI DANNO.
SE QUALCHE DUBBIO POI VIENE
CI PENSA L’ORWELLIANA TELEVISIONE
A DIRCI CHE IL NOSTRO E’ IL MONDO MIGLIORE
PER FORTUNA CHE C’E’CHI RESISTE
A POMIGLIANO C’E’ ANCORA CHI DICE
CHE LA DIGNITA’ NON HA PREZZO.
giovedì 17 giugno 2010
mercoledì 16 giugno 2010
martedì 15 giugno 2010
domenica 13 giugno 2010
sabato 12 giugno 2010
giovedì 10 giugno 2010
lunedì 7 giugno 2010
celentano: salviamo annozero cosi' salveremo la democrazia e il mondo
IL RE DEGLI IGNORANTI (E IO SONO IL SUO CONTE) VUOLE SALVARE SANTORO, LA DANDINI E LA TERRA DALLA CATASTROFE
venerdì 4 giugno 2010
mercoledì 2 giugno 2010
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